ANGOLI DI BIODIVERSITA' - L'esperienza della Scuola secondaria di primo grado TREVISANI-SCAETTA

Il progetto Angoli di Biodiversità di Forestami in collaborazione con Fondazione Alia Falck e realizzati da Cooperativa Sociale Koinè coinvolge studentesse e studenti di 4 scuole secondarie di primo grado del comune di Milano, rendendoli protagonisti attivi di un percorso sfidante che coniuga la ricerca attiva di Natural Based Solution per la trasformazione di una porzione del giardino scolastico con l'inclusività e il lavoro di squadra.

Nel territorio del Municipio 2 del Comune di Milano, i docenti e le classi prime e seconde della scuola secondaria di primo grado Trevisani-Scaetta dell’ICS Paolo e Larissa Pini hanno aderito con entusiasmo al progetto, progettando il nuovo Angolo di Biodiversità: uno spazio destinato a diventare un’aula a cielo aperto per lo studio delle scienze, realizzato grazie a un lavoro sinergico e condiviso.

Di seguito raccontiamo il percorso intrapreso dagli studenti per dare vita al loro Angolo di Biodiversità, attraverso le attività che li hanno accompagnati nella sua realizzazione nel corso di questo anno scolastico.


LA COPROGETTAZIONE

I primi incontri del progetto hanno accompagnato i ragazzi alla scoperta della biodiversità: un approfondimento teorico unito allo studio geometrico del giardino scolastico attraverso rilievi, schizzi e fotografie.
Per comprendere davvero il rapporto tra intervento umano e natura, i ragazzi sono stati invitati ad esplorare con sguardo diverso sia il giardino scolastico sia il parco urbano Francesco di Cataldo:  dopo aver osservato e analizzato gli elementi naturali e antropici nei due territori, gli studenti sono stati guidati in una vera e propria indagine paesaggistica, pensata per stimolare uno sguardo personale e consapevole e per dare forma a una narrazione che nasce dall’esperienza diretta.

Gli studenti hanno realizzato un vero e proprio censimento fotografico degli elementi naturali presenti nel giardino e nel parco: ogni scatto, corredato o meno da un titolo, è diventato il punto di partenza per un lavoro successivo di rielaborazione creativa e condivisa in classe. Partendo da un’immagine, ogni studente ha dato “voce” alla fotografia, costruendo un racconto capace di restituire pensieri, emozioni e percezioni.  Gli studenti – divisi in gruppi – hanno analizzato le proprie fotografie, assegnando un titolo quando mancava e trasformando ciascuna immagine in una piccola scheda descrittiva: la foto ritagliata veniva incollata su un supporto dedicato, con uno spazio per commenti personali e brevi didascalie.

Ogni gruppo ha poi presentato le proprie fotografie agli altri, spiegando le ragioni della scelta e il significato attribuito all’immagine. Questo momento è stato fondamentale per far emergere punti di vista, sensibilità, ricordi ed esperienze condivise.

Le narrazioni raccolte hanno permesso di individuare i temi più ricorrenti e di definire le parole chiave che hanno orientato la fase successiva del progetto. Dall’analisi dei testi dei ragazzi sono emerse sei parole chiave — esclusione, diversità, solitudine, riscatto, speranza e dono — che hanno guidato la progettazione del nuovo angolo di biodiversità, ispirandone la scelta delle forme e dei materiali.







È così iniziato il momento più atteso: la progettazione dell’Angolo di Biodiversità. Gli studenti sono stati chiamati a ideare forme capaci di tradursi in installazioni di land art. Nel giardino della scuola hanno esplorato consistenze, geometrie, colori, osservando come la natura si trasforma, muta e si adatta all’ambiente urbano. Dall’insieme di tutte le esperienze fatte, hanno iniziato ad abbozzare forme che si sono sempre più delineate fino a raggiungere la forma finale dell’angolo di biodiversità.
Un percorso che ha unito osservazione, creatività e consapevolezza, un’occasione per immaginare e costruire nuovi modi di dialogare con il paesaggio.



LA TRASFORMAZIONE DEL GIARDINO SCOLASTICO

La fase operativa ha visto protagoniste le classi prime e alcune classi seconde, iniziando con il lavoro più impegnativo: la preparazione del terreno.

Gli studenti hanno infatti rivoltato e sminuzzato gli strati superficiali del suolo, rendendolo morbido, aerato e pronto ad accogliere semi e giovani piantine. Una volta effettuata una rastrellata uniforme, l’area era finalmente predisposta per la semina secondo le indicazioni del progetto.

Per garantire sicurezza ed efficacia:

  • erano presenti due educatori per la gestione delle classi;
  • sono stati utilizzati attrezzi limitati, così da far lavorare a rotazione piccoli gruppi di 5–6 ragazzi e mantenere sempre la zona ordinata e sicura;
  • le classi sono scese in giardino una alla volta, dedicando un’ora ciascuna a proseguire il lavoro iniziato dal gruppo precedente.

Ogni classe è stata suddivisa in quattro gruppi, ciascuno impegnato in un compito specifico, con una rotazione che ha permesso a tutti di sperimentare ogni fase.
Due gruppi hanno lavorato con zappe e rastrelli per preparare il terreno destinato alla semina o al trapianto delle piantine, seguendo con precisione le indicazioni del progetto: ogni spazio doveva infatti accogliere una specie ben definita.

Un terzo gruppo si è dedicato alla messa a dimora dei semi di piante forestali autoctone, inserendoli nelle scarpe raccolte nei giorni precedenti. Le scarpe, trasformate in piccoli contenitori di biodiversità, sono state poi fissate con cura ai tronchi mediante viti, diventando parte integrante dell’opera collettiva.

Parallelamente, piccoli gruppi si alternavano nel compito forse più faticoso ma altrettanto significativo: trasportare l’acqua per irrigare le nuove piantine. I viaggi necessari sono stati numerosissimi, poiché l’area realizzata è molto estesa e, come accade in molte scuole, anche qui manca un punto di accesso all’acqua o un impianto di irrigazione dedicato. Un limite strutturale che si è sentito, ma che non ha fermato l’entusiasmo dei ragazzi.
                                               
                   






LA REALIZZAZIONE DELL'ANGOLO DI BIODIVERSITA'

L'opera di land art stava finalmente prendendo forma: i tronchi erano stati posati, il terreno lavorato con attenzione e le piantine trapiantate. Restava un ultimo passo: la semina dei fiori.

Con quattro classi coinvolte – due prime e due seconde – è stata dedicata l’intera giornata a rastrellare le ultime superfici, seminare le diverse essenze, fissare le ultime scarpe ai tronchi verticali e annaffiare ogni zona.

Il lavoro è stato organizzato per aree, assegnate a ciascuna classe, in modo da procedere in modo ordinato evitando di calpestare le aiuole appena seminate.

Abbiamo lasciato per ultima la realizzazione della grande spirale, una forma più complessa che richiedeva maggiore precisione e collaborazione.











L'ANGOLO DI BIODIVERSITA' della Scuola secondaria di primo grado Trevisani-Scaetta

È nata un’opera di land art lunga 24 metri e larga 12, costruita con tronchi di alberi caduti o provenienti dalla pulizia del bosco: materiali naturali, dimenticati, “messi da parte”, che hanno trovato nuova vita grazie ai ragazzi.

Proprio da questa sensazione iniziale – un materiale utile ma escluso, un po’ triste e silenzioso – sono scaturite le prime riflessioni dei partecipanti. Dall’analisi dei loro scritti sono emerse sei parole chiave, pilastri concettuali dell’intero progetto: esclusione, diversità, solitudine, riscatto, speranza, dono.

L’obiettivo è stato quindi trovare una forma artistica capace di racchiudere tutte queste suggestioni.

L’opera finale è composta da quattro cerchi concatenati, perché – come hanno detto i ragazzi – “non sono da soli, sono insieme”: ogni cerchio sostiene l’altro, simbolo di unione e collaborazione nella costruzione di un futuro migliore.

I tronchi utilizzati sono tutti diversi: per tipo, dimensione, inclinazione. Proprio questa varietà ha creato un equilibrio armonioso, una composizione morbida e dinamica, “come se le forme muovessero l’opera in qualche modo”.
Anche i tronchi più storti, se collocati con cura, hanno contribuito alla bellezza dell’insieme.

All’interno delle forme principali, i ragazzi hanno voluto inserire piccoli simboli della natura:
“foglie, chiocciole, petali di fiori, uno scoiattolo, un pesce, un lombrico, un serpendrago, il tutto armonicamente racchiuso in una chiave di violino”.

I colori e il significato delle scarpe

La scelta dei colori è stata semplice e spontanea: non è emersa l’idea del “fiore”, ma quella del colore, come racconta un ragazzo:
“abbiamo piantato i colori nel giardino”.

Le scarpe, raccolte nei giorni precedenti, sono state trasformate in piccole fioriere: riempite di terra e semi di piante forestali autoctone. Sono scarpe rotte, strette, consumate: simboli del nostro camminare, della crescita personale, ma anche del sostegno che possiamo dare a nuovi percorsi, come quello della vegetazione che nascerà al loro interno.

Per molti ragazzi, però, queste scarpe rappresentano molto di più:
“tutte quelle scarpe che girano attorno all’opera simboleggiano i miei amici, le persone a cui voglio bene”.

Non sappiamo quanti semi germoglieranno, né quali specie arriveranno spontaneamente a colonizzare le scarpe nel tempo. È proprio questa incertezza a rendere l’opera viva: ciò che nascerà sarà il testimone da lasciare alle future classi prime, che potranno prendersene cura o trapiantare le nuove piante in un parco cittadino vicino alla scuola.

Una frase che racchiude tutto

Tra le molte riflessioni dei ragazzi, una ha colpito più di tutte per la capacità di sintetizzare l’intero percorso:

“Quest’opera fa venire in mente un cuore, anche se non ha la forma di un cuore”.

Ed è forse proprio qui che si trova il valore più profondo di questo progetto: nel cuore collettivo che i ragazzi hanno saputo costruire, fatto di natura, creatività, fatica condivisa e desiderio di lasciare un segno.







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